NUOVO OSPEDALE PSICHIATRICO DI VENEZIA
- Anno 1967
- Luogo e Area Climatica Mirano, Venezia, Regione veneto, Lat. 45°.29’ N, Alt 9 m slm, gg 2541 – clima temperato di costiera
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Progetto Architettonico: SERGIO LOS Università IUAV
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Collaborazioni: NATASHA PULITZER, MAURIZIO BERGAMO, GIUSEPPE PAGNANO; Consulenze: FRANCO BASAGLIA
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Il progetto dell'ospedale emerge in un momento in cui l'Italia si prepara ad approvare una legge che abolisce gli ospedali psichiatrici e deve sostituirli con qualcosa che sia il più lontano possibile dalle istituzioni chiuse che ne rappresentavano la drammatica realtà. La tesi sostenuta dal progetto è che sia la città, la conversazione tra cittadini, le attività produttive coordinate, la vita comunitaria quotidiana a costituire la nuova terapia e il processo di graduale liberazione dall'oppressione delle cure tradizionali.
Nello sviluppo di questa proposta vi sono colloqui e visite a istituzioni operanti e in particolare a Trieste dove operava Franco Basaglia presentatore e sostenitore della proposta di legge poi divenuta operante.
Le case diversificate per forma e posizione, gli isolati con orti e giardini interni, le strade coperte per proteggere dal sole e dalla pioggia ma illuminate naturalmente, rappresentano una vita civica con le sue potenzialità per sviluppare una comunicatività permanente.Facilmente accessibili percorrendo sempre le reti viarie di questa città si trovano le attrezzature per l'assistenza sanitaria, accessibili anche per via veicolare. Il progetto ricorda una città antica, coi muretti bassi delle corti interne che servono anche per sedere insieme, richiamano la presenza di una struttura arcaica, le città che affiorano dalla terra. Questo simbolo allo stesso tempo è vissuto come luogo che incarna il formarsi di una comunità.
Poiché, come è noto, le malattie mentali minano soprattutto la capacità di comunicare delle persone, questa cura di vita civica potrebbe in tutti i modi possibili curare la comunicazione interpersonale. Luoghi di residenza individuali si affacciano da un lato sulle corti interne e dall'altro su una comune strada coperta – soggiorno comune che collega gli abitanti della casa con tutti quelli della strada, dell'incrocio di strade e dell'intera struttura. Non c'è alcuna soluzione di continuità tra reparti, ognuno si affaccia sulla rete di strade e piazze, luoghi dell'incontro con l'altro, che in questo caso sono coperti e illuminati da ampi lucernari per essere fruiti in qualsiasi stagione. Il carattere simbolico di questa struttura la rende anche convertibile, essa è dunque una struttura del territorio, che in questo momento viene usata come centro di assistenza, ma che in un altro momento potrebbe anche essere interpretata diversamente. Non è dunque una città fatta per i malati, ma il crescere di una città che comprende anche loro, in cui ci sono anche loro. Il territorio è così fornito di un'attrezzatura per un certo tipo di residenza collettiva, che oggi e usata da una comunità educativa, o di ricerca. Naturalmente questo comporta alcune costrizioni al servizio delle quali siamo pienamente coscienti, ma che sono state accettate in nome di una scelta che vede nella de-istituzionalizzazione del malato uno dei compiti più importanti della cura. Anche in questo caso le potenzialità cognitive dell'architettura, intesa come sistema simbolico, rappresentano il clima locale e la cultura delle costruzioni civiche locali, ma anche l'istituzione più antica, la città.
L'ampliamento del linguaggio attraverso i simboli allarga le possibilità di comunicare e quindi costituire il linguaggio di una comunità più larga che comprende anche malati. Cosi la costituzione di un'architettura convertibile allarga il linguaggio architettonico nel senso che la stessa struttura è comune a gruppi umani diversi. Paradossalmente potremmo affermare che quanto più un ospedale funziona come macchina per guarire, efficiente in tutti i servizi, quanto più dunque si specializza in senso ospedaliero, tanto più chiude la persona entro il gruppo istituzionalizzato, isolato, dei malati.
La forma della città antica, è presente come ordine fondamentale per la localizzazione di tutte le strutture private e pubbliche. La costruzione si presenta come agibile a livelli diversi, a quello privato, a quello di gruppi intermedi, a quello della comunità totale. Col primo caso, il più flessibile, tale possibilità di intervenire nella costruzione dello spazio è data dall'articolazione dei nuclei residenziali ordinati con elementi mobili e componibili. Nel secondo gruppo le persone si organizzano per sistemare Ia piazza o le strade comuni con pareti spostabili e la cui combinazione risulta più complessa della prima in corrispondenza al diverso livello decisionale. Il terzo riguarda il possibile ampliamento dell'intero organismo. Esso è costruito con elementi montati insieme, come le unità di un linguaggio che tutti possono usare e che dunque può esprimere spazi e situazioni nuove senza confondere la chiarezza della costruzione. Tali unità sono composte secondo un ordinamento semplice a struttura ortogonale.
La accessibilità di tale linguaggio architettonico rende l'assemblea della comunità capace di progettare il proprio spazio e quindi di riflettere o decidere liberamente qualsiasi trasformazione.
La cellula singola ha una parte che impedisce la vista all'interno della strada-soggiorno coperta, un piccolo soggiorno illuminato dall'alto e una camera da letto con finestra strombata attraverso la quale si esce nel chiostro e dove il malato può ritirarsi a riposare o leggere dà spessore al muro e una migliore luce all'interno. All'esterno combinata con la sua vicina, forma una nicchia nella quale un giardino rende possibile la sosta senza le odiose panchine degli attuali ospedali. Tali nicchie accompagnano anche il soggiorno galleria comune.
L'ospedale cresce dalla terra sempre a contatto con essa, accogliendo nell'orizzonte familiare delle corti uno spazio troppo largo che altrimenti sarebbe stato disperso. I nuclei residenziali sono integrati alle fasce di attrezzature che caratterizzano le corti individuando in esse un carattere specifico, o possono se necessario separare gruppi di persone che sarebbe più giusto distinguere, (reparti chiusi e aperti, uomini e donne, bambini e adulti, ecc.) ma che nello stesso tempo fanno partecipare questi gruppi a una vita comune.
Ridotta a un piano la costruzione risulta estesa e quindi dovendo il complesso direzionale trovarsi in zona centrale è necessario situare qui l'ingresso, qui è previsto infatti il servizio di Igiene Mentale e la Portineria. La strada che conduce al piazzale d'ingresso passando sotto le strade-coperte-soggiorno, prosegue e attraversa l'intero organismo e potrebbe forse domani diventare una strada pubblica o collegare la Strada Provinciale Salzanese con una sua parallela.
Il significato di questa strada è quello di collegare il Centro di Assistenza Psichiatrica alla città per inserirlo nella sua vita e nel territorio. A Mirano comunque è molto difficile pensare di integrare il centro di assistenza a un sistema urbano per quanto esteso. L'ospedale sarà aperto, ma una spessa muraglia di campagna, appunto aperta lo isolerà dalla vita di quella società che di esso dovrebbe servirsi. Sarà dunque difficile rendere efficace in questo punto un servizio d'igiene Mentale. Apertura verso il territorio è in questo caso collegamento stradale e servizio di trasporti pubblici, più che abolizione di recinzione.
In un primo tempo gli accessi della strada Salzanese possono essere chiusi, in seguito saranno aperti progressivamente per realizzare i contatti con la città di Mirano.
Una strada pedonale che porta alla piazza attraversa una galleria di esposizione e la biblioteca. Una rampa porta in alto e permette di vedere Ia costruzione completa. Gli impianti tecnici sono serviti direttamente dall'esterno e contenuti entro due argini che li nascondono quasi completamente.
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